Ciò che meglio sa fare un appassionato del nostro hobby è senz'altro questo: guardare al futuro, sognare e immaginare nuove realtà, anelare verso nuovi obbiettivi che più che mai sembrano lontani e impossibili.
Per poter sognare in grande, tuttavia, occorre sapere - prima di ogni altra cosa - dove e come accogliere i nuovi pappagalli che turbinano nelle nostre fantasie, anche se ancora non sappiamo dove e come reperire questi ultimi.
E' per questo che, avendo a disposizione un po' di tempo ed energie da spendere, ho deciso di intraprendere un ampio progetto, che mi permetterà di costruire diverse voliere in numero e dimensione sufficiente per poter accogliere le varie coppie che negli anni a venire riuscirò a introdurre nel mio allevamento.
In queste ultime settimane ho pertanto avviato la costruzione di diverse voliere, con la sola previsione di quali coppie desidererei introdurre ancora in allevamento: tutti gli alloggi sono rigorosamente all’aperto, immersi nel verde e situati tra alberi, arbusti e vegetazione che garantiscano ombra e riservatezza agli animali.
Per far questo ho scelto ubicazioni lussureggianti, sfruttando le numerose aree boschive che si estendono intorno alla mia abitazione, avendo cura di non sovraffollare le aree ma piuttosto di distribuire le diverse voliere su una superficie quanto più ampia.
Considerato il notevole dimensionamento delle strutture prevedo di permettere alla vegetazione di svilupparsi anche all’interno degli alloggi, tramutando ogni spazio in un piccolo angolo di foresta.
Per ottenere il miglior compromesso tra vaste dimensioni e più mite impegno economico ho scelto di realizzare il tutto nella maniera il più possibile artigianale, assemblando personalmente rotoli di rete, verghe di ferro e lastre di lamiera, PVC e coibentato per ottenere il risultato desiderato.
Le strutture che ho incominciato a costruire sono le seguenti:
- 3 voliere 7x3x3h da dedicare a grandi Ara come Ararauna, militaris e chloroptera, con fondo naturale.
- 2 voliere 6x2x2,5h, riservate a grandi cacatua
- 5 voliere 4x1,5x1,5h, in batteria, sospese un metro da terra da dedicare a piccole Ara ed alcune sottospecie di Ecletto che desidererei introdurre nella mia collezione
- 8 voliere 2,5x1x1h, in batteria, sospese a 70 cm da terra, per ospitare caicchi, conuri e piccole amazzoni, avendo cosi modo al contempo di ampliare il numero di coppie e di migliorare la sistemazione di alcune tra quelle attuali
- 5 voliere 3x1x1,5h anch’esse sospese a un 1 metro da terra ma non in batteria, bensì alquanto distanti le une dalle altre ed avvolte completamente dalla vegetazione, atte ad ospitare specie più riservate quali africani e Pionus
La scelta delle voliere sospese negli ultimi casi è stata fatta per ragioni esclusivamente igieniche e per diminuire il carico di lavoro nella manutenzione.
Già da fine gennaio il fotoperiodo incomincia impercettibilmente ad allungarsi, il grande freddo ancora fa da padrone, ma nell'aria i nostri animali cominciano a pregustare profumo di primavera. Contemporaneamente, cominciano a manifestarsi le prime turbolenze ormonali, mentre i giovani dell'annata precedente sono sul punto di ultimare la muta adulta, mostrandoci ancora una una volta tutto il loro splendore.
E' questo il momento migliore per incominciare a organizzare la stagione cove, allestendo e perfezionando i nidi e alle cassette da cova, sistemando voliere e alloggi, accertando la salute delle coppie, cominciando ad integrare l'alimentazione per quelle specie più precoci nel deporre... e, perché no, formare qualche coppia dell'ultimo minuto.
Alcuni Psittacidi, in particolar modo gli africani, Poicephalus e Psittacus, nonché gli affascinanti caicchi, sembrano già aver intrapreso un nuovo ciclo riproduttivo, mentre per altri pappagalli, quali Psittacula, Eclectus e Conuri, pare sia solo questione di poche settimane!
Colgo pertanto l'occasione per augurare buone cove e un allevamento pieno di soddisfazioni a tutti gli amici ornitologi e allevatori! Sperando che anche quest'anno la perseveranza, la pazienza, l'osservazione ed il rispetto rigoroso delle esigenze delle specie risultino sempre ampiamente ricompensati!
Tenere la vita nel palmo di una mano ci ricorda quanto essa sia preziosa, fragile, indifesa, quanto dipenda dal nostro amore e dalle nostre attenzioni.
Assistere alla crescita di questi piccoli esserini, contemplare come, da quel fragile mostriciattolo apparentemente privo di bellezza, una meraviglia alata per forma e colore da potenza si trasforma in atto, è considerata forse la somma realizzazione di questa nostra passione.
E più che mai in questi attimi si può comprendere il significato di quella frase che tanto sbandieriamo in faccia ai nostri detrattori, così trasformata solamente in un mantra che ci ammalia e ruba il senso alle parole: allevare è proteggere
Nell’allevamento in cattività di specie protette risulta imperativo preservare la purezza delle specie, evitando ibridazioni e meticciamenti per mantenere il patrimonio genetico di cui disponiamo nella sua forma ancestrale. Molto spesso, pertanto, consideriamo le ibridazioni come una contraddizione evolutiva e ci stupiamo se, per qualche accidentale errore, esse si verificano allo stato selvatico, ignorando il fatto che possano rappresentare la causa della naturale nascita di nuove specie: solo in ornitologia ne troviamo innumerevoli esempi, tra cui anche quello di uno sconosciuto parrocchetto asiatico: lo Psittacula intermedia, il cui fenotipo sembra essersi originato dall’incrocio di più specie differenti.
Galvanizzato dalla mia passione per il genere Psittacula, mi sono quindi mosso alla ricerca di qualche informazione su questo Psittacide così largamente ignorato tra gli allevatori europei: eccone un breve resoconto.
A livello biologico, questione la questione delle effettive origini del P. intermedia è del tutto incerta: innanzi tutto non vi è l'assoluta certezza scientifica riguardo l'ipotesi di ibridazione tra lo Psittacula hymalayana e il cyanocephala, ma essa scaturisce principalmente da analisi molecolari atte a rilevare l'affinità genetica e dalle osservazioni comportamentali conseguite su una ristretta linea di sangue detenuta in ambiente protetto.
I metodi utlizzati si rivelano, perciò, relativamente empirici e la denominazione attribuita, "parrocchetto intermedio", poggia le sue fondamenta su studi non totalmente accreditati.
In secondo luogo, occorre considerare che il fenotipo caratteristico dello Psittacula intemedia non corrisponde, sotto innumerevoli aspetti, a quello presentato da un'ibrido di prima generazione generato da P. cyanocephala x P. Hymalayana.
Di fatto, incrociando tali specie in ambiente protetto otterremo un ibrido mezzo sangue di nessun valore, non certamente un esemplare di P. Intermedia.
Volendo citare alcune differenze più palesi, potremo soffermarci sul colore della gnatoteca (mandibola), arancio nell'intermedia e nero dell'ibrido, sulla tonalità del capo di entrambi, decisamente più tendente al viola nell'intermedia, e sulla presenza di marchi alari, i quali si rivelano maggiormente soffusi nel parrocchetto intermedio.
Se dunque si sia verificato un simile fenomeno di ibridazione, resta al momento da dimostrarsi, sappiamo tuttavia che la specie, per rivelarsi tuttora tale, è stata necessariamente sottoposta a millenni di evoluzione indipendente, che ne hanno alterato le peculiarità fenotipiche originarie.
L'ubicazione dell'areale d'origine, situato ai piedi dell'himalaya ed isolato da eventuali contatti esterni, ha certamente agevolato il suddetto processo.
Un pappagallo che non viene mantenuto all'aperto, necessiterà della giusta dose di radiazioni solari UV, di fondamentale importanza per ravvivare i colori del piumaggio, sintetizzare la vitamina D3 e regolare la produzione di ormoni.
Ricordiamo infatti, che il cranio degli uccelli possiede la capacità di assorbire queste radiazioni tramite speciali ghiandole, stimolando la riproduzione, determinando i comportamenti stagionali e permettendo all'animale di orientarsi. Inoltre, grazie ai raggi UV, i pappagalli si dimostrano in grado di identificarsi vicendevolmente e riconoscere le colorazioni degli alimenti più graditi.
In assenza di luce solare, quindi, i pappagalli risentiranno di numerosi problemi quali disturbi comportamentali, ratichismo, disorientamento, apatia, difficoltà ad entrare in estro, scompensi ormonali, inappetenza, ecc...
È importante sottolineare che, se anche il nostro locale fosse munito di grandi finestre, il vetro tenderà comunque a filtrare le radiazioni UV, ricreando un'ambiente poco idoneo all'allevamento.
La scelta migliore, in assenza di luce naturale, è acquistare una lampada fluorescente a spettro completo, con un'emissione di raggi UV pari al 16-17% sul totale. Normalmente le radiazioni UVA e UVB, sarebbero proporzionate in rapporto di 13/4.
L'intensità cromatica ideale dovrà equiparare la luce solare, che corrisponderebbe a circa 5.500 kelvin.
In commercio esistono apposite lampade dedicate allo scopo; le classiche luci per rettili o per acquari risultano poco idonee per l'ornitologia a causa dell'elevata emissione di UVB e dello scorretto rapporto tra le varie lunghezze d'onda.
Gli allevatori che utilizzano in allevamento luce artificiale, sono soliti posizionare le lampade a circa mezzo metro dalle gabbie, mantenendo l'accortezza di sostituire gli apparecchi dopo massimo 15 mesi dall'acquisto.
Col passare del tempo, infatti, i fosfori UVA-UVB tendono a deteriorarsi ed a perdere completamente la loro efficacia.
Alcuni Psittacidi, inoltre, sembrano necessitare di una maggior intensità e qualità di illuminazione rispetto ad altri: in linea generale possiamo affermare che quelle specie provenienti da areali collocati oltre i 2000 metri di quota, necessitano imprescindibilmente di luce solare diretta, al fine di soddisfare - almeno in parte - il consistente fabbisogno di vitamina D3, fondamentale per la sintesi di alcuni minerali quali il calcio, e svolgere adeguatamente le funzioni vitali. Al contrario, le specie d'origine equatoriale, assidue frequentatrici delle foreste fitte ed intricate, mal sopportano gli alti tassi di luminosità e prediligono gli alloggi più oscuri e ben riparati: possiamo portare l'esempio di cenerini, Poicephalus e alcuni lori, i quali non richiedono particolari impianti di illuminazione artificiale.
La maggiorparte delle specie esistenti conduce una vita nelle fasce neo-tropicali o desertico-steppose del pianeta: australiani, sud-asiatici e nord-africani in primo luogo.
Questi animali possono accontentarsi di vivere in locali discretamente illuminati da luce solare indiretta, senza rivelare particolari difficoltà durante le attività riproduttive.
L'utilizzo delle lampade sopra descritte, ad ogni modo, fornisce un notevole vantaggio e si dimostra caldamente consigliato per chi desideri conseguire particolari obiettivi nell'allevamento; tuttavia non può essere considerato strettamente indispensabile.