Sperimentazione con gli estrusi


In seguito ad un confronto che ho avuto di recente, tra alcuni allevatori, inerente all’alimentazione degli Psittacidi granivori a base di preformulati, tengo a riportare i dati registrati nel mio allevamento negli anni 2013-2014, periodo in cui mi dedicai alla sperimentazione di questo nuovo fronte della zootecnica alimentare su diverse specie di pappagalli allora presenti nel mio allevamento. Sì facendo, mi astengo dall’esprimere giudizi sulla convenienza nell’adozione di un qualsivoglia programma alimentare, poiché – del resto – ho già avuto modo di esprimere ampiamente le mie opinioni e il mio approccio alla nutrizione degli Psittacidi in altre sedi (vedi https://allevamentomarani.jimdo.com/allevamento/alimentazione), ma desidero lasciare emergere le evidenze dai dati che, pur riconoscendo i limiti e le variabili che potrebbero alterare l’affidabilità delle conclusioni, ho cercato di rendere più oggettivi possibile, escludendo parametri non misurabili.

 

Le misurazioni riguardano unicamente l’appetibilità dei mangimi, la predisposizione delle coppie alla consumazione di estrusi durante le varie fasi dell’anno e soprattutto il successo riproduttivo di coppie adulte, esperte e già collaudate in tutte le fasi dell’allevamento, nonché lo stato di salute evidente all’osservazione per comparazione tra esemplari e la qualità fisica dei giovani alimentati con pre-formulati nel periodo antecedente alla prima muta: non è pertanto da escludere che un programma alimentare dimostratosi infruttuoso nei primi anni dopo la sua adozione, possa rivelare i suoi maggiori benefici sui lunghi periodi, permettendo agli animali di allungare la propria vita riproduttiva grazie al miglior stato di salute fisica.

 

La prassi che ho seguito per testare gli alimenti estrusi è quindi di seguito descritta.

L’esperimento ha riguardato alcuni esemplari già riprodotti in allevamento per almeno un anno (almeno 2012), avendo cura di includere nel programma almeno 2 coppie per ogni specie, mantenute in condizioni simili e precedentemente riprodotte con uguale successo: ciò si è reso necessario per comparare, a parità di condizioni climatiche e ambientali di una determinata stagione cove, i risultati riproduttivi ottenuti. 

Le coppie erano quindi divise in due gruppi omogenei e identici, che furono quindi sottoposti, a partire dal termine della stagione riproduttiva precedente (indicativamente dal mese di luglio), a due programmi alimentari differenti: 

1)    Alimentazione unifeed a base di estrusi, con somministrazione di una porzione di semi secchi una volta a settimana e integrazioni di frutta e verdura.

2)    Alimentazione tradizionale a base di granaglie, combinando insieme semi secchi, miscela germinata per parrocchetti (con piselli e grano ammollati), misto bollito per colombi, pastoni morbido e proteico, proteine animali, vegetali freschi, il tutto in diversa proporzione in base alle specie.

Le coppie delle specie incluse nel programma erano:

- 2 coppie di parrocchetto dal collare Psittacula krameri manillensis 

- 4 coppie di conuro guance verdi Pyrrhura molinae 

- 2 coppie di roselle di pennant Platycercus elegans 

- 4 coppie di calopsite Nymphicus hollandicus

- 6 coppie di ondulati di colore

- 2 coppie di Agapornis roseicollis 

- 4 coppie di Agapornis nigrigenis 

- 4 coppie di parrocchetto barrato

- 2 coppie di Neophema pulchella

Metà delle coppie per ogni specie seguivano il primo programma alimentare, mentre l’altra metà era sottoposta al secondo: quest’ultimo gruppo era ulteriormente suddiviso in modo arbitrario in tre gruppi 5 coppie ciascuno, ognuno alimentato con una differente marca di estrusi, avendo cura di non variare la tipologia di prodotto assegnata in principio ad ogni insieme.

Non riporto il marchio dei prodotti utilizzati, ma solamente il rapporto proteine-grassi contenuto in ciascuno: il primo conteneva 21% proteine e 8% grassi, il secondo 18% proteine e 8% grassi e il terzo 20% proteine e 4% grassi.

Nonostante nelle tabelle dati non sia specificato quali coppie appartenevano ad ogni gruppo, posso affermare di non aver riscontrato troppe differenze tra i risultati ottenuti con i tre preformulati; l’unico appunto che devo riportare è la minor appetibilità e il minor tasso di fecondità ottenuta con la terza formulazione su detta: probabilmente il tasso lipidico si rivela insufficiente per alcune specie dall’elevato fabbisogno calorico.

 

La strategia di conversione adottata è stata la seguente.

Verso il mese di luglio 2012 ho incominciato a lasciare a disposizione degli esemplari una dose abbondante di mangime estruso, limitando progressivamente la fornitura di altri alimenti: in un periodo di 60 giorni ho ridotto del 90% la razione di semi secchi che gli animali avrebbero consumato in una giornata. 

Nonostante la gradualità della conversione, non tutte le coppie hanno accettato di buon grado la nuova alimentazione e, durante tutto il processo, talvolta si è rivelato necessario ripristinare la dose completa di granaglie per evitare che gli esemplari subissero perdite repentine di peso.

Seppur abbia assistito a una reazione individuale al nuovo tipo di dieta, in relazione all’età di ogni coppia e alla malleabilità individuale, mi è possibile stendere una trattazione generale sull’appetibilità degli estrusi in base alla specie.

Senza dubbio le specie che ancestralmente presentano maggiori tendenze frugivore, e quindi risultano geneticamente portate alla consumazione di bacche e piccoli frutti che possono essere emulati da una crocchetta colorata, hanno maggiormente gradito i preformulati: rosella e parrocchetti barrati hanno senza dubbio mostrato di accettare di miglior grado la novità, sebbene solo i primi abbiano incominciato a consumare gli estrusi senza un’importante riduzione dei semi a disposizione.

Al contrario, calopsite, cocorite, agapornis e neophema, che presentano una preponderanza granivora nella propria dieta, hanno dovuto subire con maggiori difficoltà una conversione forzata, dimostrando riluttanza nel consumare gli estrusi anche in seguito ai primi due mesi di prova: quasi tutti gli esemplari sembravano attendere con impazienza la fornitura settimanale o bisettimanale di granaglie.

Pyrrhura e Psittacula si sono collocati in una via di mezzo, rivelandosi dapprima incuriositi dalla forma e dal colore dei pellettati, ma con il passare del tempo hanno mostrato di trovare noiosa la monotonia di un’alimentazione unica e hanno cominciato a preferire di gran lunga le forniture fresche e le sporadiche razioni di semi. 

 

In seguito, durante il periodo di mantenimento, le principali problematiche riscontrate con l’alimentazione a base di estrusi sono state:

1)    Gli esemplari tentavano di sgusciare i granuli estrusi, polverizzando in breve tempo grandi quantità di mangime: si è pertanto rivelata necessaria una fornitura quotidiana e l’adozione di una granulometria particolarmente fine per ridurre l’enorme spreco, dal momento che le polveri non venivano ingerite dagli animali, poiché per caratteristiche fisio-etologiche gli psittacidi granivori sono portati alla consumazione di alimenti dall’elevata granulometria.

2)    I soggetti erano portati ad inumidire i granuli prima di ingerirli, imputridendo l’acqua degli abbeveratoi o delle vasche per il bagno e sprecando notevoli quantità di prodotto: con riluttanza, ho dovuto adattare i sistemi di abbeverata, pur consapevole che la consumazione di un cibo eccessivamente ipertonico non era gradita dai pappagalli, costretti ad aumentare notevolmente la consumazione di liquidi, e non imitava affatto la disponibilità alimentare in natura.

3)    Ho subito rilevato un aumento della voluminosità delle feci e un’alterazione del colore, che virò dal verdastro al marrone: esse erano inoltre meno consistenti e talvolta maleodoranti, il che richiese una maggiore igiene delle strutture, in particolare delle griglie di fondo, le cui maglie non si rivelavano più sufficientemente grandi.

4)    In base alla specie e alle preferenze individuali, alcuni esemplari consumavano solamente granuli di un determinato colore (verde-giallo piuttosto che rosso-arancio), scavando nelle mangiatoie per selezionare gli estrusi desiderati: ciò non è, tuttavia, esclusivamente uno svantaggio, poiché rivela note importanti sulla dieta ancestrale delle specie, nonché permette agli animali di scegliere, attività che è garantita solamente da una miscela di granaglie e che rappresenta pur sempre uno stimolo psicologico

5)    Lo scarso stimolo fornito dalla consumazione di alimenti preformulati ha fatto registrate un accanimento degli animali sugli arredi e l’arricchimento ambientale in maniera maggiore rispetto all’alimentazione esclusivamente naturale, in particolare nei pappagalli di taglia maggiore.

Durante la stagione riproduttiva 2013 ho inoltre constatato una maggiore difficoltà delle coppie di entrare in estro, nonostante il tasso proteico della dieta fosse maggiore: come si noterà dalle tabelle riportanti i risultati delle cove, da impedire ad alcune di esse di intraprendere un ciclo riproduttivo durante l’anno, nonostante la risaputa prolificità di esse. Ciò è sicuramente dovuto allo stress dovuto alla variazione alimentare, alla monotonia e scarsa appetibilità di un programma nutrizionale basato su estrusi e soprattutto all’impossibilità di effettuare quelle variazioni alimentari stagionali che allo stato selvatico preannunciano alle coppie l’arrivo delle cove.

Nelle tabelle ho riportato i risultati delle nascite per l’anno 2013 e 2014 (ricordo che i numeri sono riferiti ad un periodo di 12 mesi, in cui alcune coppie hanno potuto effettuare più di una covata), insieme ai dati raccolti durante l’anno 2012 dai medesimi riproduttori, quando erano ancora tutti alimentati tradizionalmente: ciò consente di avere un adeguato termine di paragone e di verificare le capacità riproduttive di tutti i pappagalli testati. 

 

Salvo qualche eccezione isolata, è possibile notare un incremento delle uova deposte per le femmine alimentate a estrusi, probabilmente dovuto al maggior apporto di calcio e al miglior potere nutrizionale di questi ultimi: tale vantaggio non si è tuttavia dimostrato fruttuoso poiché controbilanciato da un minor tendenza all’estro (e di conseguenza a intraprendere un ciclo di cove), un basso tasso di fertilità e una più alta mortalità neonatale, che ha permesso alle coppie alimentate a semi di doppiare la produzione dei corrispettivi concorrenti, almeno per il primo anno.

Mi spiego gli ultimi due fenomeni citati imputandoli all’errato rapporto proteine-grassi, dal momento che gli estrusi risultano formulati per macro gruppi di psittacidi, quando i fabbisogni alimentare sono spesso specie-specifici, alla scarsa capacità dei preformulati di spronare all’estro gli animali e all’insufficiente appetibilità o bassa umidità contenuta nei granuli, il che li rende poco apprezzati come alimento da imbecco.

In generale, infatti, i pulli allevati dalle coppie nutrite a estrusi dimostravano di assumere una quantità inferiore di cibo, comportando così una minor qualità – in termini di taglia, piumaggio e robustezza fisica – dei novelli svezzati e una notevole difficoltà dei riproduttori nell’alimentare gli ultimi nascituri in covate numerose: spesso infatti si è reso necessario alimentare a mano i pulcini nati oltre il terzo genito, al fine di eludere problemi di ratichismo.

Sotto tal profilo, però, occorre precisare che i risultati non sono stati omogenei, poiché alcune eccezioni osservate con i rosella, che hanno invece massicciamente utilizzato gli estrusi per l’alimentazione dei pulli, non mi permettono di fare generalizzazioni. 

 

Durante il 2014, la rendita riproduttiva delle coppie nutrite a estrusi è sensibilmente aumentata, grazie soprattutto ai soggetti che, saltando un anno di cove, hanno ricominciato a riprodurre solo dopo due anni. Restano tuttavia simili i tassi di fecondità e di mortalità neonatale (ricordo che il numero di pulli svezzati è privato dal totale dei soggetti che ho sottratto dal nido per l’allevamento a mano poiché insufficientemente alimentati dai genitori).

 

A partire dal periodo di svezzamento sono stati messi a disposizione porzioni di estrusi ad alcuni soggetti nati e cresciuti con alimentazione tradizionale e, viceversa, porzioni di semi ad alcuni novelli cresciuti a estrusi.

Una volta separati dai genitori e convertiti all’alimentazione desiderata, ho monitorato i ritmi di sviluppo e la pregevolezza fisica sviluppata dal periodo di svezzamento al completamento della prima muta: posso quindi affermare, in questo lasso di tempo, di non aver notato differenza tra i soggetti nutriti a semi e quelli nutriti a estrusi. Non è tuttavia lo stesso per gli animali che dai genitori sono stati cresciuti con i due diversi programmi nutrizionali, in cui la differenza tra i gruppi è rimasta evidente anche durante la maturazione sessuale.