Ce lo siamo sempre chiesti: perché allevare uccelli? È una passione nata con noi o acquisita col tempo? Qual'è stata la prima molla? E ancora, allevare per diletto
animali, è solamente l'ennesimo costoso trastullo privo di significato, partorito dalla vecchia cultura occidentale, figlia di quella parte del mondo felice e benestante, oppure nasconde aspetti
che investono nella scienza, nella biologia e nel sociale? Quanto fa ambientalismo allevare uccelli e quanto invece solo un significante "trend" della cultura contemporanea mitteleuropea tendente
ad umanizzare gli animali, ribattezzati col vuoto e accattivante termine anglosassone "pet"?
Mi fermo qui, altrimenti queste mie poche righe diventerebbero solo un velleitario inno adulatorio dell'interrogativo. Vediamo, invece, di fornire risposte il più
possibile oggettive alle domande che ho sollevato.
Sono fermamente convinto che allevare sia una passione innata, genetica.
Probabilmente, fin da piccoli, ci ritroviamo al balcone, ad osservare passeri e colombelle, o in giardino, ad ammirare il nido
di un merlo tra i canneti, spiando i segreti di una vita misteriosa ed impossibile da comprendere.
Ed è proprio da questo desiderio di comprendere l'impossibile che nasce la mia passione.
Tuttavia, questo gene innato riconosce, quasi certamente, un momento di iniziazione: una gabbia, una coppia, un nido e dei nidiacei. È questa la causa scatenante di
quello che faccio, che rende attiva la passione per l'allevamento. Da quel nido, da quelle uova, da quei nidiacei implumi, si imbocca una strada probabilmente senza ritorno, una malattia. A
momenti di grande entusiasmo, e tantissime gabbie, si alternano momenti di stanca, e magari di pausa, ma questa passione cova in noi come il fuoco sotto le ceneri, e prima o poi, ritorna
potente.
Allevare significa accogliere, curare, riprodurre, in una parola... amare.
L'ornicoltore nasce sostanzialmente da un'intimo bisogno dell'uomo di riversare cura ed affettività e un'ancestrale desiderio di conoscenza che la nostra specie si
porta seco dalla notte dei tempi.
I nostri animali ci permettono di esercitare una quotidiana professione di amore e protezione, scevra dei frequenti compromessi della vita quotidiana di relazione e
valvola di sfogo alle tensioni e competizioni che l'odierna struttura sociale ci impone, con i suoi esasperanti modelli di produttività, efficienza, conquista ossessiva del successo e detenzione
di ambizioni status symbol.
Molto spesso, inoltre, l'allevare assume anche connotati scientifici: significa prima tutto studiare le migliori tecniche di mantenimento, alimentazione, comprendere
la biologia delle specie, avere nozioni di veterinaria e di genetica.
Insomma, significa dare il proprio contributo per la conoscenza di una specie, raccogliendo un'enorme massa di informazioni non rilevabili con la sola osservazione
in natura.
Ultimo, ma non ultimo, allevare significa mantenere protetti un piccolo pacchetto di geni che, talvolta, in natura è sull'orlo dell'estinzione. È il caso del cacatua
delle Molucche, il gibber italicus, il verzellino fronterossa,... e potrei non smettere di citarne.
Così, godiamo dell'allevamento non solo per la gioia che da alla nostra passione, ma anche per quel contributo scientifico e protezionistico che è intrinseco
nell'arte dell'allevare.
Grazie a tutti e buona lettura.
Luca Marani