Il parrocchetto dal collare rappresenta una specie ampiamente diffusa in numerosi aviari ed allevamenti amatoriali, caratterizzato da un buon numero di mutazioni ed assolutamente accessibile
sotto il profilo economico.
In molti, tuttavia, dimenticano che gli esemplari tanto apprezzati in ambito ornitologico appartengono in realtà ad una sottospecie d'origine asiatica: lo Psittacula krameri manillensis.
La sottospecie nominale, lo Psittacula krameri krameri / parvirostris, diffusa nel continente africano, risulta quasi completamente sconosciuta ai più, nonch'è scarsamente presente in ambiente
protetto.
Di fatti, può rappresentare una specie estremanete interessante in ambito aviario, un vero pezzo immancabile per chi sia appassionato di Psittacula, nonché un ottimo pet dalle eccezionali doti di
parlatore.
In questa discussione, cercherò di fornire alcuni spunti di riflessione - estrapolati dalla mia esperienza personale - per provare ad incentivare l'allevamento di questo bellissimo parrocchetto.
Il parrocchetto dal collare africano è sotto certi aspetti particolarmente affine al conspecifico indiano; tuttavia, per poter allevare al meglio questa sottospecie così ricercata in ambiente
protetto, resta importante conoscere in cosa si differenza dal comune Manillensis.
A livello fenotipico, la sottospecie nominale presenta una livrea in gran parte verde brillante, con collare meno accentuato e sottile, maggiormente evidente verso la base del becco. Esso non si
presenta di color corallo, ma tende al nero-prugna, presentando dimensioni più ridotte e meno possenti.
Anche la taglia complessiva dell'animale appare ridimensionata, sicchè supera raramente i 35 cm, in gran parte rappresentati dalla lunga e sottile coda che copre i 3/5 della lunghezza totale.
La maturità sessuale è raggiunta attorno ai 18 mesi, mentre il dimorfismo tra maschio e femmina rispetta i canoni della sottospecie asiatica:
http://lnx.ornieuropa.com/forum/showthread.php?40713-Il-dimorfismo-sessuale-nel-Parrocchetto-dal-collare
Gli Psittacula krameri krameri sono nativi d'Africa e si trovano diffusi in tutta l'estremità meridionale del Gambia fino ai confini dell'Etiopia orientale. Possono essere avvistati in piccoli
gruppi di 20-50 individui, assidui frequentatori delle palme da datteri, di cui vanno ghiotti; durante la stagione riproduttiva le coppie si isoleranno per nidificare con più tranquillità.
Questi uccelli prosperano in ambienti caldi e sono definiti pappagalli "pascolatori" per la loro spiccata tendenza a ricercare nutrimento al suolo.
La sera sono soliti radunarsi intorno ad ampie pozze fangose per l'abbeverata, poi ritirandosi in gruppi su alcuni alberi dormitorio spesso condivisi con altre specie.
La loro dieta è principalmente composta da semi immaturi, germogli, datteri, nettare, insetti e fiori.
Il parrocchetto africano presenta maggiori difficoltà nella riproduzione rispetto al cugino asiatico, forse a causa della minor abilità d'adattamento alla vita domestica, oltre al minor tasso di
prolificità.
Ai tempi delle libere importazioni, non risulta giunta in Europa una rilevante quantità di esemplari ed - in aggiunta - lo scarso interesse tra gli allevatori e la mancanza di mutazioni spontanee
ne hanno ritardato la diffusione.
Solo negli ultimi anni, questo affascinante pappagallo si sta aprendo la propria strada all'interno di allevamenti specializzati nel settore, anche grazie alle eccezionali doti di animale
d'affezione, rivelandosi maggiormente aperto ai rapporti con l'uomo
La principale difficoltà d'allevamento risiede nella particolare sensibilità ai disturbi esterni e ad interferenze da parte dell'ornicoltore. Come buona parte dei pappagalli africani, anche i
krameri necessitano di privacy e tranquillità durante la nidificazione, mostrandosi alquanto suscettibili in tal senso.
Per ovviare al problema, resta indispensabile attuare un buon arricchimento ambientale sulla voliera, al fine di ricreare una sensazione di sicurezza che potrà indurre la coppia a deporre con
maggior facilità.
Se l'ambiente si rivelerà idoneo, la femmina produrrà un numero compreso tra le 2 e le 4 uova bianche, incubate per un periodo di circa 23 giorni.
Nel 2017 acquistai da un allevatore alcuni soggetti di Parrocchetto dal collare africano, 2 maschi e 2 femmine, non ancora collaudati in riproduzione.
Come da copione gli esemplari risultano tutti spaiati, così - per possedere la certezza di ottenere coppie affiatate e ben compatibili - li inserii in un'unica voliera dalle dimensioni di 4x2m,
affinché ogni individuo potesse familiarizzare con il partner meglio corrisposto.
L'esperienza continuo in tal modo per tutto l'arco della stagione estiva, quando - durante la muta - scoprii l'estrema delicatezza del loro piumaggio, il quale tende a sciuparsi con estrema
facilità ed in modo più accentuato rispetto agli Psittacula asiatici.
Verso il mese ottobre decisi di dividere le nuove coppie identificate come affiatate in due gabbioni distinti, rigorosamente imboscati nel verde ed isolati da qualsiasi schiamazzo e disturbo
indesiderato.
Decisi di adottare le classiche dimensioni che normalmente adopero per i pappagalli con-generi: 3 metri di lunghezza, 1 di larghezza e 2 di sviluppo verticale, sistemati al suolo e delimitati con
rete in acciaio dalla maglia di 1,2 cm, utile per eludere introduzione di animali indigeni all'interno dell'alloggio.
L'alimentazione fornita era costituita da una somministrazione rigorosa e giornaliera di porzioni composte da: 40% legumi e cereali bolliti (misto per colombi viaggiatori), 30% estrusi di buona
qualità per piccoli parrocchetti, 20% misto di semi secchi mediamente calorico e 10% macedonia di frutta e verdura, con integrazioni periodiche di vegetali secca, granaglie germogliate e
pannocchie di mais immaturo; per quanto concerne le esigenze nutrizionali, possiamo considerare questi parrocchetti del tutto affini ai tanto diffusi Manillensis.
Fino agli inizi di febbraio non azzardai ad inserire alcun nido in voliera, poiché - non essendo a conoscenza della cadenza riproduttivo del krameri krameri - ho
preferito evitare di incorrere in cove premature; tuttavia, con grande sorpresa, l'anno seguente realizzai che la riproduzione dei collari africani non risulta prettamente subordinata alla
cadenza stagionale, così come saremmo indotti a credere osservando i cugini asiatici, ma può avvenire senza particolari controindicazioni anche del periodo autunnale o tardo-primaverile.
Come previsto, le danze di corteggiamento ebbero inizio a gennaio, con il graduale aumento del fotoperiodo, cosicché - non appena fu reso disponibile un nido idoneo - le due femmine ne presero
possesso con sorprendente tempismo: la cassetta adoperata presenta una foggia ad L rovesciata, al fine di ridurre l'entrata di luce nella camera di cova e ricreare una situazione di sicurezza per
le riproduttrici in cova; per la medesima ragione, credo sia opportuno evitare un'eccessivo dimensionamento orizzontale del nido, tuttavia raccomando di non sottovalutare l'importanza dello
sviluppo verticale, ricordando come tutti gli Psittacula amino sfruttare la profondità.
Nel mio caso, le misure utilizzate erano 25x25x70h, con tunnel d'ingresso di 20 cm e varco iniziale leggermente ridotto per permettere agli animali di modellare l'entrata come ritenevano più
opportuno.
È stato interessante osservare come questa sottospecie di Psittacula sia meglio propensa a sfruttare il nido quale ricovero notturno, oltre che alloggio riproduttivo, forse proprio a causa della
più accentuata timidezza.
Nell'ultima settimana di febbraio, entrambe le coppie intrapresero le loro prime covate con la deposizione di 2 candide uova ciascuna.
Purtroppo, una delle femmine si dimostrò scarsamente diligente nella cova, tant'è che intorno al 15º giorno di incubazione - all'apertura del nido - ritrovai i due embrioni oramai freddi ed
irrecuperabili seppelliti tra il substrato: col passare delle stagioni, ho attestato tra le riproduttrici uno scarso gradimento per la presenza di materiale sul fondo, comportando un continuo
tentativo di riversare all'esterno la lettiera sistemata nel nido; ho così adattato la struttura impiantando un'asse di fondo leggermente convessa, atta a stabilizzare le uova al centro della
camera di cova anche in assenza di substrato. Solo in seguito, dopo la nascita dei pulli, potremo introdurre piccole quantità di fibra di cocco - materiale solitamente ben accetto - per assorbire
le deiezioni e fornire una base d'appoggio ai soggetti in crescita.
Le due uova superstiti si schiusero con successo, permettendo ai riproduttori di manifestare eccellenti capacità genitoriali nell'allevamento dei piccoli: i novelli, alimentati in prevalenza con
leguminose bollite e cereali, crebbero in modo soddisfacente e sostenuto.
La madre è rimasta nel nido fin quando i pulli hanno incominciato ad impiumarsi; successivamente, a causa della domanda alimentare in crescente aumento, ho rilevato un abbandono del nido per un
maggior periodo di tempo, affiancando il padre nell'operazione d'imbeccata.
Alla seconda coppia, rimasta sprovvista di qualsiasi discendenza, sono stati affidati alcuni pulli di collari asiatici, poi cresciuti senza particolari difficoltà nonostante la differenza di
taglia giocasse a sfavore.
Lo svezzamento di tutti i novelli è avvenuto regolarmente intorno alle 13 settimane di vita, età in cui il sessaggio molecolare effettuato sui due giovani soggetti mi ha permesso di identificare
il risultato della prima stagione cove: un maschio e una femmina.
Durante l'estate 2018 ho ceduto buona parte degli esemplari di Psittacula Krameri krameri per far spazio a una giovane coppie di P. k. Parvirostris, non ancora riprodotta.