Sebbene i comuni stereotipi siano soliti abbinare il pappagallo ad un clima caldo e umido, tipico dei tropici, sappiamo bene quante specie abbiano invece evoluto le proprie abitudini di vita in regioni del mondo ben più temperate e talvolta con inverni perfino rigidi.
Non è quindi così assurdo rilevare come, alle nostre latitudini, questi meravigliosi uccelli dal becco ricurvo possano soffrire in modo notevole le giornate estive calde e afose, ancor di più rispetto ai gelidi inverni che tendenzialmente tollerano con meno complicanze.
Per tale ragione il fenomeno del colpo di calore può rivelarsi assai comune e portare l’animale anche al decesso se non correttamente prevenuto e trattato dall’allevatore: la frequenza con cui si verifica appare infatti aumentata dagli alloggiamenti spesso poco idonei in cui stabuliamo le nostre coppie, i quali, oltre a costringere gli animali in una determinata collocazione senza la possibilità di spostarsi a ricercare fresco e ombra, sono spesso realizzati con materiali caratterizzati da elevata conducibilità termica. La situazione già critica può essere inoltre accentuata da mancanza un’alimentazione scorretta e un’errata pianificazione della stagione cove, che obbliga i riproduttori a rimanere impegnati con l’allevamento della prole anche in piena estate.
Una muta abbondante e sregolata, con massiccia perdita di piumaggio, può essere solo il minore tra i mali di cui il caldo eccessivo potrebbe essere causa: animali ansimanti, con ali socchiuse, collo allungato e becco aperto, apatia eccessiva con sonnolenza, rigurgito di cibo e produzione di catarro sono importanti segnali che ci debbono mettere in allarme.
Il colpo di calore nei pappagalli ha in effetti proprio i suddetti sintomi: nei casi più gravi l’esemplare può stazionare sul fondo della gabbia, presentando lentezza nei movimenti, disturbi di equilibrio e incapacità di volare.
Non è detto che entrambi i membri della coppia debbano manifestare tale scompenso, ma è spesso il più debilitato a mostrare per primo le conseguenze più evidenti; inoltre il soggetto può soffrire per più giorni consecutivi prima di avere i sintomi in maniera accentuata, ragion per cui risulta importante un controllo quotidiano.
In simili situazioni è indispensabile l’intervento tempestivo dell’allevatore, che trasferirà i soggetti più colpiti in un luogo fresco, reidratandoli forzatamente se necessario e tentando di abbassare la temperatura corporea vaporizzando delicatamente il piumaggio. La reintroduzione in voliera dovrà avvenire solamente quando il pappagallo si mostrerà stabile, possibilmente dopo averlo tenuto sotto osservazione per almeno un paio di giorni.
Parallelamente si rivelerà opportuno prendere precauzioni adeguate per permettere ai soggetti rimasti negli alloggi di migliorare la propria condizione.
Tali accorgimenti sono i medesimi che dovranno essere attuati a scopo preventivo ed in tal senso l’allevatore potrà intervenire su 5 fronti:
1) La struttura delle voliere: sono massimamente da evitare i pannelli in lamiera o metallo, i quali essendo ottimi conduttori trasformeranno la gabbia in un vero forno. Questi potranno essere sostituiti da coibentato, policarbonato alveolare, polistirene, legno opportunamente trattato o qualsiasi altro materiale oscurante ed isolante, il quale dovrà essere associato alla comune rete elettrosaldata se presenta il rischio di essere intaccato dal becco dei pappagalli. In maniera molto più artigianale potremmo ricorrere anche a vernici per metalli di colore chiaro, come quella termosifoni, la quale ci permetterà di attuare l’effetto deleterio della lamiera.
2) La collocazione delle voliere: è sempre da preferire contornare le strutture con fitta vegetazione, che schermi i raggi solari sia superiormente che lateralmente; non è sempre indispensabile il sole diretto, ma certamente occorre garantire che almeno la metà della lunghezza sia perennemente ombreggiata. Come surrogato alla vegetazione naturale potremmo ricorrere a quella artificiale, rappresentata da siepi con foglie in plastica, stuoie di cannette, reti e teli oscuranti e via discorrendo. Occorre inoltre aver cura di verificare una sufficiente areazione e mantenere la voliera scoperta su circa metà della sua lunghezza.
3) Alimentazione: cibi umidi e acquosi, in primis frutta, verdura e vegetali lattiginosi dovranno essere somministrati con cadenza giornaliera. D’altra parte elimineremo categoricamente semi riscaldanti come la canapa e le noci, e forniremo una moderata dose di grassi e carboidrati. A disposizione degli animali dovremmo sempre mantenere acqua fresca e pulita, avendo cura di posizionare gli abbeveratoi in un angolo ombreggiato della voliera, per evitare che l’acqua aumenti la sua temperatura. Lo stesso dovremo fare con le mangiatoie, soprattutto se esse sono in metallo.
4) Offrire la possibilità di un bagno: la classica vasca sul fondo dell’alloggio è necessaria ma tuttavia non sufficiente per garantire che i pappagalli possano rinfrescarsi. Molte specie, infatti, non sono solite adoperarle e vi è comunque il rischio che l’acqua stagnante possa surriscaldarsi. I pappagalli provenienti da regioni piovose e monsoniche sono soliti rifrescarsi esclusivamente con le precipitazioni atmosferiche. Un sistema di pioggia artificiale, con augelli vaporizzatori collocati sui tetti delle voliere e attivazione per almeno 5-10 minuti al giorno, è assai utile per chi possieda un numero consistente di coppie e altrettanto indispensabile per chi voglia garantire agli animali un dignitoso tenore di vita.
5) Programmazione della stagione cove: qualora si risieda in regioni particolarmente torride o si abbia avuto problematiche con la gestione dei pappagalli nella stagione estiva, sarà bene organizzare il ciclo riproduttivo per evitare che i riproduttori risultino impegnati nei mesi più caldi. I soggetti maggiormente esposti al colpo di calore sono infatti le femmine o novelli costretti a stazionare nel nido, il quale, sebbene sia realizzato in legno, può rapidamente riscaldarsi e diventare invivibile. Per analoghe ragioni, dovremo premurarci di posizionare il ricovero in un luogo fresco, dove non vi giungano raggi di sole battente. Sarà inoltre necessario intervenire con l’allevamento a mano in caso di nidi troppo affollati, dove il surriscaldamento dei novelli sarebbe inevitabile.